29 Ottobre @ 17:00 – 18:00
Mercoledì 29 ottobre, ore 17.00
Palazzo Loredan
Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti
Ingresso libero fino a esaurimento posti
Proserpina è la splendida figlia di Giove e Cerere che il signore degli Inferi, Plutone, fulmineo rapisce mentre raccoglie fiori non lontano dalle mura di Enna, dopo essersene invaghito. Cerere, in preda all’ira e al dolore, impedisce alle messi di crescere sino a quando Giove decide che la giovane avrebbe trascorso un terzo dell’anno agli Inferi e due terzi alla luce del sole. Le vicende della fanciulla, narrate in numerose opere, dalla Teogonia di Esiodo al secondo Inno omerico dedicato a Demetra sino alle Metamorfosi e ai Fasti di Ovidio, ci raccontano una storia dove si intrecciano morte e rinascita, tenebre e luce. In Proserpina si riflette la natura ciclica della vita e della morte, nonché le dinamiche di potere nelle relazioni tra dei.
Interviene
Monica Baggio, Università degli studi di Padova
Linea narrativa degli incontri
Il mito era parte costitutiva della cultura e della società antica: i racconti delle imprese di dei e dee, di eroi ed eroine ci sono pervenuti grazie alle fonti letterarie e a quelle iconografiche, purtroppo spesso lacunose e difficili da interpretare, ma, coniugando questi due piani narrativi è possibile cogliere il significato che i personaggi che ancora oggi animano le nostre memorie scolastiche potevano avere per i contemporanei.
Quello della parola e quello dell’immagine sono mondi contigui che fanno riferimento a un sostrato culturale comune e condiviso, formatosi attraverso i secoli grazie alla trasmissione orale: le recitazioni degli aedi ai simposi, le favole narrate ai bimbi dalle madri e dalle balie, i racconti che si scambiavano nel gineceo le donne intente a filare e tessere, i canti dei soldati che andando alla guerra ripercorrevano le gesta degli eroi, contribuivano a fissare nella memoria collettiva i protagonisti dei grandi racconti epici e mitici. A partire dall’VIII-VII secolo a.C. questo patrimonio di narrazioni del più vario tenore inizia a prendere forma figurativa e ad essere rappresentato su oggetti sacri, profani e funerari. Nel corso del VI secolo a.C. con il passaggio dall’oralità alla scrittura i racconti acquisirono una veste più statica, ma le diverse versioni che si erano andate stratificando nei secoli precedenti riemersero con prepotenza nell’elaborazione di poeti e tragediografi dell’età classica, fornendo ai creatori di immagini nuova linfa vitale per le loro creazioni.
In questo periodo le immagini si dispiegavano soprattutto sulla ceramica, parte essenziale della vita quotidiana e della morte, ma presto passarono sui templi, nelle piazze, nelle case, divenendone un imprescindibile completamento e acquisendo un ruolo comunicativo fondamentale, che nei secoli cambiò adattandosi alle necessità della società che ne fruiva e dell’ambiente a cui erano destinate. Ecco, dunque che per capire un mito è necessario da un lato percorrere i due sentieri paralleli della parola e dell’immagine per valutare come e perché si incontrano o si contrappongano, dall’altro ricostruire il contesto per cui testi e raffigurazioni erano stati creati.