12 Novembre @ 17:00 – 18:00
Mercoledì 12 novembre, ore 17.00
Palazzo Loredan
Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti
Ingresso libero fino a esaurimento posti
Dea e maga dai poteri straordinari che si esercitano fra terra, cielo e mondo degli Inferi, Circe, la figlia del Sole, attraversa il mondo antico e giunge fino a noi con lo stigma della seduttrice, colpevole di ogni nefandezza. Eppure, vi è un’altra Circe, generosa e fiera, capace di passione e di abnegazione, che una colpa non sua ha condannato a una vita senza amore. Attraverso la rilettura delle numerose fonti e dello scarno repertorio iconografico cercheremo di ripercorrere la sua vita, di ricostruire la storia dei suoi fallimenti e delle sue vendette e di comprendere le ragioni dell’inappellabile giudizio che l’ha accompagnata fino ai giorni nostri.
Interviene
Francesca Ghedini, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti
Università degli studi di Padova
Linea narrativa degli incontri
Il mito era parte costitutiva della cultura e della società antica: i racconti delle imprese di dei e dee, di eroi ed eroine ci sono pervenuti grazie alle fonti letterarie e a quelle iconografiche, purtroppo spesso lacunose e difficili da interpretare, ma, coniugando questi due piani narrativi è possibile cogliere il significato che i personaggi che ancora oggi animano le nostre memorie scolastiche potevano avere per i contemporanei.
Quello della parola e quello dell’immagine sono mondi contigui che fanno riferimento a un sostrato culturale comune e condiviso, formatosi attraverso i secoli grazie alla trasmissione orale: le recitazioni degli aedi ai simposi, le favole narrate ai bimbi dalle madri e dalle balie, i racconti che si scambiavano nel gineceo le donne intente a filare e tessere, i canti dei soldati che andando alla guerra ripercorrevano le gesta degli eroi, contribuivano a fissare nella memoria collettiva i protagonisti dei grandi racconti epici e mitici. A partire dall’VIII-VII secolo a.C. questo patrimonio di narrazioni del più vario tenore inizia a prendere forma figurativa e ad essere rappresentato su oggetti sacri, profani e funerari. Nel corso del VI secolo a.C. con il passaggio dall’oralità alla scrittura i racconti acquisirono una veste più statica, ma le diverse versioni che si erano andate stratificando nei secoli precedenti riemersero con prepotenza nell’elaborazione di poeti e tragediografi dell’età classica, fornendo ai creatori di immagini nuova linfa vitale per le loro creazioni.
In questo periodo le immagini si dispiegavano soprattutto sulla ceramica, parte essenziale della vita quotidiana e della morte, ma presto passarono sui templi, nelle piazze, nelle case, divenendone un imprescindibile completamento e acquisendo un ruolo comunicativo fondamentale, che nei secoli cambiò adattandosi alle necessità della società che ne fruiva e dell’ambiente a cui erano destinate. Ecco, dunque che per capire un mito è necessario da un lato percorrere i due sentieri paralleli della parola e dell’immagine per valutare come e perché si incontrano o si contrappongano, dall’altro ricostruire il contesto per cui testi e raffigurazioni erano stati creati.